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Erika Tamburini

Erika Tamburini si racconta

Ciao carissimi!

Oggi voglio che facciate finta di essere in una di quelle meravigliose biblioteche antiche ed imponenti sparse nel mondo. Scegliete pure voi dove vorreste essere! (Io sceglierei sicuramente Los Angeles o New York, ma sono gusti!😉) Avete scelto? Bene!

Ora adagiatevi su una delle comode poltrone che la biblioteca vi mette a disposizione, respirate a pieni polmoni il profumo di carta e di storie che fremono per essere lette e godetevi la bella ed interessante chiacchierata in compagnia della mia carinissima ospite di oggi: Erika Tamburini!

Se il nome vi suona come un “già sentito” beh, sono felicissima perché ciò significa che avete già letto la recensione del libro “Il collezionista di bambole”, che ho pubblicato proprio la scorsa settimana!☺️ Se invece il nome non vi dice proprio nulla beh, oltre ad essere un po’ delusa 😭, voglio darvi la possibilità di andare a leggere la recensione al suo libro cliccando qui!

Sono certa che riuscirò ad intrigare i più curiosi! Ma ovviamente, se dopo la lettura della recensione vi venisse il desiderio di leggere questo avvincente libro, il merito è proprio tutto di questa talentuosa scrittrice, che si racconta in esclusiva per noi nelle prossime righe!

Buona lettura! 📚 ❤️

Erika Tamburini in una bellissima foto artistica

Ciao Erika, grazie per essere qui innanzitutto. La prima domanda che vorrei farti riguarda la location che hai scelto per “Il collezionista di bambole”. Come mai hai scelto Chicago?  C’è un motivo particolare dietro questa tua scelta?

Ciao Nadia!

Ti ringrazio di nuovo per la tua splendida recensione e anche per avermi invitato sul tuo blog. Ne sono veramente felice. Mi scuso sin da ora se le domande si trasformeranno in vaneggiamenti deliranti, tendo a divagare delle volte.

Mi hai chiesto come mai ho scelto Chicago. Dobbiamo partire da un po’ di tempo fa, quando è nata la storia. Io vengo dalle piattaforme di scrittura online da molto prima che nascesse wattpad, e su una che frequentavo organizzavano anche dei contest di scrittura, solitamente per racconti estremamente brevi. Uno di questi era sul genere noir e chiedeva una storia dove la città in cui si ambientava fosse una sorta di personaggio come quelli veri, quindi che avesse un ruolo fondamentale nella storia, nella trama.

All’epoca, pur leggendo montagne di thriller e noir, non avevo nemmeno mai provato ascriverne uno, ma l’idea mi piaceva e nacque quella che era la bozza del libro, ovvero il primo capitolo. Ho scelto Chicago perché ero convinta che fosse perfetta per un noir, ma anche per il periodo storico in cui desideravo ambientarla.

Nella mia più totale follia per me i noir erano un qualcosa alla Dick Tracy, solo che in Dick Tracy sparavano di più e lui aveva un fichissimo impermeabile giallo 🤣.

E così, ecco a far muovere i miei personaggi in una città che non avevo mai visto, in un periodo storico lontanissimo e facendo impazzire nelle ricerche tutte le persone che avevo intorno.

Ho letto nella breve biografia, contenuta nel tuo libro, che sei una grafica pure tu. In qualche modo il tuo estro creativo legato a questa professione ti ha influenzata nella realizzazione di questo tuo thriller d’esordio?

Le immagini, le fotografie per me sono sempre state una fonte di ispirazione, che fossero delle foto sulle riviste, scatti fatti da me o anche illustrazioni. Per un lungo periodo gironzolando sui siti come Deviantart o Pinterest, bastava non so un’immagine e una foto, o anche un elemento di una foto per creare una trama intorno, quindi potrei dirti che sì, in parte penso che sia anche grazie al mio lavoro. Ma c’è anche dell’altro, ho sempre scritto e ho sempre amato scrivere.

Scrivevo racconto da ragazzina alle elementari e alle medie, ho smesso solo per un periodo alle superiori, ma annotava i miei pensieri, quello che mi accadeva in un diario, quindi anche se non è scrivere un racconto, non riuscivo a farne a meno. Ho ripreso solo dopo il diploma a scrivere, non seriamente, ma a scrivere racconti un po’ di ogni genere, cercando quello che poi sarebbe diventato il genere più nelle mie corde. E guarda tutto mi sarei aspettata che scrivere thriller.

Il collezionista di bambole è stato una sorta di intreccio di eventi, ispirazione, desiderio di scrivere qualcosa di diverso, cercare di uscire da una sorta di comfort zone. Però, come ti ho detto anche quando scrivo vivo per immagini, ci sono alcune scene che sono impresse nella mia mente come cartoline o istantanee.

I personaggi che troviamo nel tuo libro hanno delle personalità ben definite. Alcuni sono fragili ed indifesi, altri forti e nettamente più decisi. Come sono nati i loro caratteri?

Il primo a nascere, con il primo capitolo, quello che sarebbe dovuto rimanere solo un raccontino è stato Il collezionista di bambole, poi finito quel primo capitolo in testa avevo scene e immagini, ma anche alcune voci e pian piano sono nati i personaggi, però anche per loro non ho mai un’idea precisa di come sono, del loro carattere, questo viene fuori man mano che scrivo. Ci provo a fare delle scalette per loro, ma alla fine fanno come vogliono.

So che hai avuto dei momenti in cui i personaggi di questo libro ti hanno portato addirittura ad odiarli. Posso chiederti perché? E soprattutto, in quale momento del percorso?

Il libro ha avuto delle fasi di riscrittura nel corso del tempo, l’ho rivisto tutto prima di mandarlo alla casa editrice e in seguito ho dovuto apportare delle modifiche, passarlo tutto in terza persona e renderlo più thriller e meno noir. È stata una lunga estate al pc, poi c’è stata una rilettura da parte mia e in seguito l’editing vero e proprio. Ma io sono una che non è mai convinta e leggo e rileggo, tanto che arrivata a un certo punto non trovavo più errori o sviste e non perché non c’erano. Conoscevo molte pagine a memoria.

Quindi quando l’ho consegnato per la pubblicazione ero stanca, esasperata e non volevo più nemmeno sentire uno dei nomi dei personaggi.

Infatti per lungo tempo non ho nemmeno aperto il file di quello che è il seguito. Avevo una sorta di rigetto per loro, per tutto e bisogno di cambiare periodo storico, ambientazione. Solo dopo sarei riuscita a tornare a scrivere di loro.

E infatti probabilmente è quello che farò con il nuovo anno. Prima però devo rileggere l’ultimo lavoro che ho terminato in questi giorni, ma al momento è in pausa, lo lascio lì e con le ferie lo riprenderò in mano. Non voglio odiare anche questi di personaggi, quindi farò le cose con calma.

Sempre dalla tua breve bio, ho scoperto che la scrittura ti accompagna praticamente fin dalla tenera età, una cosa che comprendo perfettamente. Ma hai sempre saputo di voler scrivere un libro di genere thriller?

Come ho accennato sopra, mi sarei aspettata di tutto tranne che scrivere un thriller o più di uno. Per lungo tempo non ho mai nemmeno pensato alla pubblicazione, anche per questo è stato un caso, o meglio delle amiche che mi hanno detto: “provaci, al massimo ti dicono di no”.

Nelle poche volte che mi sono immaginata a scrivere un libro pensavo più a un fantasy. Amo il fantasy, amo Tolkien e come scriveva, quindi ho sempre pensato che avrei voluto scrivere qualcosa di bello e complesso con i suoi lavori. Però quei pochi racconti fantasy che ho scritto, mi sono accorta che potrei uccidere di noia chi li legge e quindi ho lasciato stare.

La copertina del libro d’esordio di Erika.
Per leggere la mia recensione potete cliccare qui

Tra tutti i personaggi della tua storia, ne hai uno che ti senti più “tuo”? Uno magari con la quale ti identifichi maggiormente intendo.

Il personaggio che è voluto venir fuori di prepotenza, a cui non avevo pensato, ma che alla fine ho amato alla follia è Hisui. Scrivevo, pensavo che pur se scontato, sarebbe potuto nascere qualcosa tra René e Aidan, ma c’era questa vocina nella mia testa che diceva tutt’altro e una voce decisamente più decisa che voleva avere un ruolo tutto suo all’interno della storia.

Un altro personaggio di cui mi è piaciuto scrivere, con tutti i suoi tormenti è Camil. Lui alla fine si trova legato tra il vivere una vita normale e l’essere trascinato nel mondo fatto di follia del Collezionista. Vorrebbe una vita normale, ma non è in grado e forse non vuole ribellarsi. Il suo è un amore tossico, sicuramente ne è consapevole, ma lascia che lo logori.

Nel tuo libro, in realtà, non c’è solo tensione per le atrocità degli eventi che accadono per mano del folle collezionista. Ci sono infatti anche molte sfumature sentimentali, dal filo quasi romantico, se possiamo dire. Cosa ti ha spinta ad una scelta così particolare?

L’amore e l’attrazione, ma anche una sorta di relazione sentimentali sono un qualcosa che capita a tutti, è difficile trovare persone che preferiscono la solitudine, che non sono attratte da nessuno, che non decidono di passare almeno una notte con qualcuno, qualsiasi sia il loro lavoro. Pertanto anche se è un periodo particolare, pericoloso per ragazzi come Hisui e René e tutti gli altri, perché una casa di piacere è quasi un posto sicuro rispetto ai manicomi in cui sarebbero potuto finire. Ma in un mondo dove sono tutti degli emarginati, gli ultimi della società, anche loro devono avere qualcuno a cui aggrapparsi, da amare. Il sogno di una vita migliore e differente.

Tutti i personaggi del mio libro sono persone, esseri umani e come ogni essere umano provano sentimenti e possono innamorarsi, che lo vogliano o meno.

Questa esperienza da autrice che sensazioni ti ha lasciato? Ma soprattutto, ti ritroveremo presto in altri libri?

Il momento in cui hanno accettato il libro è stato qualcosa di esaltante. Come al solito andavo di corsa, stavo uscendo di casa, la mail con la risposta positiva era finita in spam e così la boss della casa editrice mi ha scritto su Facebook. Inizialmente non capivo cosa mi stesse dicendo, ero completamente spaesata, poi ho messo insieme i pezzi e per un istante ho dovuto imparare di nuovo a respirare.

Gli ultimi due anni sono stati strani, certo non sono Stephen King, però mi sono divertita e sono felicissima di aver pubblicato il mio primo libro.Per il secondo vedremo, come ho detto è finita la prima stesura, deve essere riletto e sistemato, però ho il titolo Racconti macabri di omicidi. Ha delle scene un po’ più splatter, forse un thriller più convenzionale, almeno credo. Ma bisogna vedere se verrà accettato dalla casa editrice, quindi ci vorrà un po’ di tempo. Tieni le dita incrociate per me 🤣.

Le terrò incrociate sicuramente! Anche perché adoro il genere thriller (hai una appassionata lettrice e blogger che ti sosterranno quindi! 😉) Bene. Siamo così giunte all’ultima domanda. Quella che considero sempre la più “Free”! 😊 Hai qualcosa che vuoi dire ai miei lettori? Sentiti libera di aggiungere qualunque cosa vuoi.

Io ti ringrazio, ringrazio chi leggerà questa intervista e anche chi per curiosità andrà a sbirciare anche solo l’estratto de “Il collezionista di bambole“.

Per chi lo ha letto ho un profilo instagram o facebook, dove ogni tanto posto degli estratti di quello che scrivo, più che altro metto i miei deliri assurdi, parlo di libri, non i miei, ma quelli che ho letto. E quando si parla di libri, sempre non miei, sono sempre disponibile a chiacchierare.

Grazie Erika per questa bellissima chiacchierata, spero che sia piaciuta anche a voi! Alla prossima e buona domenica!

_____________Tutti i link per entrare in contatto con Stefania_____________

Vi è piaciuta questa intervista e volete contattare direttamente Erika? Seguitela e scrivetele attraverso i suoi canali social! La trovate su Instagram cliccando qui e su Facebook cliccando qui!

Ovviamente potete chiedere a lei come avere il suo libro, ma se preferite, potete acquistarlo direttamente su Amazon cliccando qui!

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