Come vi dicevo prima, qualche settimana fa vi ho parlato del valoroso Ramondo, protagonista indiscusso del libro d’esordio “Ramondo lo scudiero” di Antonio Chirico. Se vi siete persi la mia recensione, avete la chance di andare a recuperarla cliccando qui! Ma ora lascio la parola ad Antonio, che ringrazio per la sua disponibilità.
Ciao Antonio, la prima domanda che vorrei farti in merito al tuo romanzo storico “Ramondo lo scudiero” riguarda il come ti è venuta questa particolare idea. Puoi raccontarmelo?
Volevo essere sicuro al cento per cento di non cadere nell’autobiografia. Se si eccettuano i temi a scuola, la tesi di laurea e i numerosi atti giudiziari (io sono avvocato), la mia prima prova di scrittura è stata un diario personale che, oltre a servirmi da palestra, ha avuto una funzione terapeutica perché, reso cosciente l’inconscio, sono riuscito a fare pace con il mio passato e liberare il mio cuore da alcuni fardelli. Quell’esperienza, di circa quattro anni fa, mi ha fatto comprendere che scrivere mi faceva bene, per cui ho deciso di ripeterla. Ma, non volendo rischiare di parlare anche stavolta di me e della mia vita, ho pensato, nell’approcciarmi a un nuovo progetto, di rifarmi alla biografia di un personaggio storico. In quegli scritti intimi di cui ho detto innanzi, nel riferirmi a una famiglia realmente esistente di nobile origine, avevo usato il cognome fittizio “Orsini del Balzo”, il primo che m’era venuto, e, quando successivamente mi sono imbattuto per caso nella storia di questa casata, ho capito immediatamente che era la vicenda di cui dovevo occuparmi. Sì, perché io sono molto attento alle coincidenze e me ne faccio guidare. Come non bastasse, mentre già scrivevo il romanzo, ho comprato casa e… in che cosa mi imbatto? In una torre quattrocentesca distante appena trenta metri dalla mia abitazione che fu eretta dal figlio di Raimondello per farne la propria dimora. A quel punto non ho davvero esitato più, ho sentito che era la storia giusta.
So che tu di mestiere fai tutt’altro, e che questo è il tuo primo libro. Come ti è sembrata questa esperienza nel mondo della scrittura?
Un’esperienza che, in fondo in fondo, non è molto distante dal mio lavoro, come sembrerebbe a prima vista. È il penalista che parla. L’avvocato civilista non si spende in arringhe ampollose, non è un oratore, lui scrive. È scrivendo che convince il giudice, il quale legge i suoi atti e poi emette la sentenza (scritta). Certo, uno da un avvocato si aspetterebbe un thriller, non un romanzo d’avventura ambientato nel Medioevo, ma qui entra in ballo mio padre, quasi analfabeta, che amava visceralmente i film “cappa e spada” e li ha fatti amare anche a noi figli. E così, io sin da piccolo ho letto romanzi che narravano di cavalieri e di grandi gesta. Come mi è sembrata l’esperienza di scrittore? Mi è piaciuta un sacco, è stato come tornare bambino, quando me ne stavo appollaiato sul pavimento a giocare ore e ore con i soldatini. Tante notti, preso dalla scrittura, non mi sono nemmeno accorto di aver fatto le due, proprio perché mi stavo divertendo.
Ramondo sappiamo essere esistito davvero. Come hai scelto di voler realizzare un racconto proprio basandoti sulla sua vita, le sue avventure e tutto quello che ne deriva?
L’ho scelto innanzitutto perché è un personaggio delle mie parti e quindi i luoghi da descrivere erano da me conosciuti, il che mi agevolava. Almeno, così credevo, perché non avevo calcolato che Ramondo mi avrebbe trascinato con lui dall’altra parte del mondo, sin nei misteriosi e freddi Paesi Baltici a me sconosciuti. Inoltre, le vicende che lo riguardano si potevano esporre in mille modi, nulla era scontato, ad esempio nell’Ottocento un autore aveva scritto un romanzo in due tomi su Raimondello che prendeva in considerazione solo uno spaccato della sua vita, quello relativo al salvataggio di Urbano VI, ma io ho avuto l’immediata intuizione di sequenziare gli eventi e creare una sorta di staffetta tra lui e Maria d’Enghien: mi è parsa un’idea buona, per cui mi son messo subito all’opera in tal senso. Esistevano già numerosi romanzi su Maria d’Enghien, di scrittori locali e non, ma mancavano invece racconti sulla figura di suo marito (se si esclude il romanzo di epoca romantica di cui ho detto), per cui anche questa mi è sembrata una valida ragione. Per quanto Raimondello Orsini del Balzo sia stato tra i personaggi più importanti della storia del Mezzogiorno del XIV e XV secolo, paradossalmente egli è sempre stato poco conosciuto. Tutti i paesi e città di Puglia hanno una piazza o una via dedicata a lui, ma pochi sanno chi sia stato. Studiando e approfondendo la sua vita attraverso i documenti antichi e accurate ricerche, ho scoperto che c’è una spiegazione per questa ignoranza: ed è la scomparsa degli atti della sua amministrazione a Taranto e nel Regno di Napoli, probabilmente una damnatio memoriae ordinata dai re che lo seguirono. Era ora di rendergli giustizia e far tornare a brillare la sua stella. Bisognava colmare questo vuoto nella storia.
Per pubblicare il tuo libro ti sei affidato al self publishing, cosa ormai sempre più in voga. Come ti è sembrata questa esperienza? Lo rifarai o rifaresti?
Le caselle di posta elettronica delle grandi case editrici sono intasate dalle email di aspiranti scrittori, che non vengono nemmeno aperte. Io ho mandato alle grandi il mio romanzo, ma non ho ricevuto risposta. Avevo escluso a priori le case editrici a pagamento, per principio. Restavano le case editrici che si proclamavano NO EAP, cioè editori non a pagamento. In effetti, mi è giunta la proposta di tre di questo tipo di case editrici. Ce n’era una in particolare che, dal punto di vista qualitativo, mi dava più garanzie, ma la bozza di contratto che mi aveva sottoposto prevedeva royalties al 5% e, sol perché mi son permesso di proporre percentuali più elevate per vendite via via crescenti, mi è stato risposto beffardamente che i miei erano solo sogni, perché un esordiente, se vende 150 copie o al massimo 200, può ritenersi già fortunato. A maggior ragione non aveva di che preoccuparsi e non gli costava niente lasciarmi sognare, ho replicato io. Ho vissuto lo sfruttamento all’epoca del mio praticantato forense e rifare la stessa esperienza non mi andava. Se davvero si trattava di vendere poche copie e se davvero ero io a dovermi dare da fare per promuovere il libro, come mi faceva notare quell’editore, beh, allora era preferibile l’autopubblicazione: il mio guadagno sarà del 20% su ogni copia venduta in libreria o su Amazon, e il 50% sugli ebook. Inoltre, con l’autopubblicazione, conservo tutti i diritti nelle mie mani per l’eventualità che il testo sia notato da una delle case editrici maggiori. Posso recedere quando voglio, basta dare un preavviso di trenta giorni. Senza contare che il libro è ordinabile in qualunque libreria, come con qualunque editore (per contro, la presenza fisica negli scaffali solo i grandi marchi la assicurano, non certo i piccoli editori). Credo fortemente in questo romanzo, non so se in futuro riuscirò a scriverne altri dello stesso livello, non lo volevo bruciare impegnandomi con una piccola casa NO EAP. Intanto, non mi è affatto dispiaciuto poter scegliere personalmente l’immagine di copertina, il tipo di carta, l’impaginazione. E con cadenza mensile mi arriva il report delle vendite aggiornato. Non rifarei l’esperienza solo se venisse a offrirmi un contratto la Mondadori o altro Editore prestigioso.
Essendo il tuo protagonista esistito realmente, forse hai avuto difficoltà nel reperire alcune informazioni che lo riguardavano. E’ stato facile? O alcune informazioni ti hanno reso il lavoro difficile?
Come detto innanzi, le informazioni sulla vita del mio protagonista sono scarne, la sua storia viene solitamente esposta in due paginette, se non di meno. Sulla sua infanzia e gioventù, c’è un buio quasi completo, si sa solo che era un cadetto, lo si ritrova alla corte avignonese come scudiero e, poi, alle crociate, ma solo questo. Sino a poco tempo fa si riteneva addirittura che si trattasse delle crociate di Terra Santa e solo di recente si è appurato che egli ha partecipato in realtà alle crociate del Nord. La scarsezza di informazioni però mi ha consentito di inventargliela io l’infanzia, nelle parti mancanti. Per la seconda fase della sua vita, le notizie storiche erano più dettagliate per cui, lì, mi sono attenuto di più ai fatti. Il difficile è stato innestare nella sua vita la storia del Regno di Napoli e le vicende dello scisma d’Occidente, soprattutto perché i testi da cui ho attinto, reperiti nelle varie biblioteche di Puglia, erano del ‘500 e trasformare quella sorta di volgare italiano in un linguaggio moderno non è stata affatto un’impresa facile. Senza contare i caratteri minuscoli e le esse che sembravano effe e viceversa. Hai ragione, alcune informazioni mi hanno reso il lavoro difficile e, in quel caso, per rendere più intrigante la narrazione, mi son dovuto discostare dalla realtà, sebbene poi ne abbia dato conto nelle note storiche finali.
Qual è la parte che ti è piaciuta particolarmente scrivere, se ne hai una in particolare? E perché?
Ce n’è più di una in cui mi sono particolarmente divertito a giocare coi miei personaggi. Il capitolo «Il segreto dell’ultimo templare» è uno dei miei preferiti, ma anche «Amicizia fra i ghiacci», «Un consulto molto speciale» e «Malacarne», per nominarne solo alcuni.
Questo libro racconta un pezzo di storia che in modo così dettagliata non è narrata nemmeno nei libri storici probabilmente. Tu lo hai fatto per un motivo particolare?
Man mano che lo scrivevo mi accorgevo di quante analogie ci fossero tra quel pezzo di storia antica e la contemporaneità. E la cosa mi intrigava. Non è un caso che il protagonista del romanzo sia vissuto a cavallo tra due secoli, esattamente come la gran parte di noi, eccettuate solo le nuovissime generazioni. Nonostante ci siano seicento anni di distanza, anche Ramondo si trova a vivere in un mondo che cambia vorticosamente e deve cercare di adeguarsi ai tempi nuovi per non soccombere. Anche lui parte pieno di ideali ma fa poi i conti con la mancanza di certezze assolute, con la sete di potere, la corruzione nella Chiesa e il crollo dei valori, la disillusione, proprio come è successo un po’ a tutti noi.
Scrivere è sempre un modo per esternare un po’ di ciascuno di noi, tu trovi che nel tuo libro ci sia una traccia di te stesso tra le sue righe, seppure sia basata sulla realtà e su un personaggio veramente esistito?
In effetti, occupandomi di un personaggio storico il mio fine era di eclissarmi dal romanzo. Ma non so se sono riuscito per davvero a non raccontare di me, perché credo che, nell’eroismo, nella prestanza fisica e nel coraggio del protagonista, ci sia esattamente ciò che io vorrei essere ma non sono. Forse in parte il fratello del protagonista potrei essere davvero io, con tutte le sue debolezze e limiti umani. Mi sono sbizzarrito anche a inserirmi nel romanzo attraverso un cameo, dando il mio nome e cognome al barone di Brindisi, un codardo che scappa alla vista di Ramondo. Ho potuto farlo perché non è noto chi avesse governato su Brindisi prima degli Orsini del Balzo.
Cosa ti senti di dire a tutte le persone che vorrebbero provare a scrivere qualcosa? Hai qualche consiglio da regalare a qualche aspirante scrittore?
Consiglio loro di non far mancare mai nelle loro creazioni l’emozione. Saranno i lettori a stabilirlo definitivamente, ma se io, in questo mio romanzo, fossi riuscito a rendere sulla pagina scritta emozioni come quelle che gli spettatori vivono guardando film quali «Il gladiatore», «Braveheart» o «La maschera di ferro», riterrei di aver raggiunto il mio obiettivo.
Hai in cantiere qualcosa di nuovo? Vuoi aggiungere qualcosa? Puoi dire tutto ciò che vuoi
Da quando ho pubblicato questo mio romanzo sono assorbito dalla necessità di promuoverlo e mi manca il tempo sia per scrivere che per leggere, il che mi rammarica. Sinceramente, questo aspetto della vita da “scrittore”, il doversi vendere, è quello che mi appassiona di meno, perché sono schivo e riservato di carattere. Temo peraltro che, con la ripresa dell’attività lavorativa dopo la pausa estiva, il tempo per scrivere mi possa mancare ancora di più, perché è inutile nascondercelo, non è dalla scrittura che, allo stato, io ricavo il mio sostentamento, ma dalla professione forense. Ad ogni modo, penso, in futuro, impegni di lavoro permettendo, di dedicarmi a qualche altro personaggio che si è mosso nel Salento, ma è ancora presto per parlarne. Se voglio aggiungere qualcosa? Ecco, mi piacerebbe che ci si approcciasse al mio romanzo senza preconcetti, senza barricarsi dietro etichette del tipo “è un esordiente autopubblicato” per trovare a tutti i costi un difetto o addirittura risparmiarsi di leggerlo. Chiederei che prima lo si leggesse e, poi, lo si giudicasse, se del caso anche con spietatezza, ma a lettura ultimata, non prima di cominciare o senza mai cominciare. Giacché mi si dà l’opportunità, colgo anche l’occasione per ringraziare tutti coloro che mi stanno dando un credito di fiducia iniziale che sta consentendo al romanzo di circolare.
Grazie Antonio per questa piacevole intervista e per il tempo che mi hai potuto dedicare! Spero che a tutti voi lettori abbia fatto piacere leggerla, così come ha fatto piacere a me scrivervela! Al prossimo weekend! 😊
_____________Tutti i link per entrare in contatto con Antonio_____________
Se questa chiacchierata vi è piaciuta e volete approfondire la conoscenza dell’autore, potete contattarlo attraverso Instagram cliccando qui, oppure lo potete contattare su Facebook cliccando qui!
Ovviamente potrete chiedere direttamente a lui come avere il suo libro se avrete il piacere di contattarlo per qualche curiosità in più o quant’altro. In ogni caso potrete acquistare il suo libro su Amazon cliccando qui e scegliendo tra i due formati disponibili (cartaceo o digitale).